Cass. 12333/2017 su violenza domestica e protezione sussidiaria

.
Ai sensi dell’art. 3, lett. b), della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul 1’11 maggio 2011, ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 27 giugno 2013, n. 77, «l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima».
Vi rientra la situazione della donna che abbia dichiarato di essere vittima, da anni, di abusi e violenze da parte del marito, proseguiti anche dopo il divorzio, che l’ex marito sia stato punito dalla giustizia del paese di origine con una sanzione blanda (tre mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena), e che in caso di rientro in patria sarebbe esposta nuovamente ai medesimi abusi e violenze.
Tale forma di violenza deve essere ricondotta all’ambito dei trattamenti inumani o degradanti considerati dall’art. 14, lett. b), d.lgs. n. 251 del 2007, in base ad una interpretazione che, per un verso, non trova ostacolo letterale nell’ampia dizione normativa e, per altro verso, è imposta dal richiamato art. 60, primo comma, ultima parte, della Convenzione.

.

.

http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20170517/snciv@s61@a2017@n12333@tO.clean.pdf